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- Scritto da Viola Franchini
- Categoria: Mostra di Venezia 2017
- Pubblicato: 04 Settembre 2017
Ebbing, Missouri: Mildred Hayes (Frances McDormand) non si rassegna al fatto che l’assassino e stupratore della figlia non sia ancora stato individuato e arrestato. La donna decide dunque di farsi giustizia da sola, affiggendo su tre enormi cartelloni pubblicitari una serie di poster che dichiarano apertamente guerra all’inefficienza della polizia e al suo capo, lo sceriffo Bill Willoughby (Woody Harrelson).
Il regista inglese Martin McDonagh sbarca in concorso alla 74. Mostra del Cinema di Venezia con Three Billboards Outside Ebbing, Missouri, sorprendente black comedy che trova il proprio centro motore e propulsore nella manifestazione tragica, cinica e grottesca di una rabbia violenta e incontrollabile. Una rabbia che, nel caso di Mildred, appare ai nostri occhi perfettamente giustificata anche nel momento in cui sceglie di sfociare in gesti estremi; un’altra, gratuita, repressa e pronta a esplodere nella furia più cieca, quella che domina il tragicomico Dixon (un bravissimo Sam Rockwell), poliziotto mammone, omofobo e razzista, incarnazione esasperata – ma perfettamente credibile – dello sbirro stupido e iracondo. Entrambi i personaggi risultano mossi dall'irrefrenabile (e umanissima) necessità di dare libero sfogo alla propria insofferenza esistenziale; il che, però, non può che condurre inevitabilmente a ulteriori e drammatici atti di violenza. Ecco allora che, come una sorta di deus ex machina (inconsapevole?), il personaggio dello sceriffo Willoughby, servendosi della parola come sola arma, interviene a plasmare il destino dei soldati schierati sul campo di battaglia, indirizzandoli verso un cammino di crescita personale e scuotendone le coscienze. Un'opera davvero molto interessante e matura quella di McDonagh, forte soprattutto di una profonda chiarezza di intenti e di una sceneggiatura ben strutturata in cui i registri drammatico e grottesco si alternano e compenetrano infiammando un impianto narrativo già di per sè intenso e intrigante; un'opera che prende di petto (e quasi a pugni) lo spettatore attraverso la messa a nudo del labile confine fra lo sconforto, la rabbia e lo smarrimento che assalgono l'essere umano nell'esternare un simile dolore e nel disperato tentativo - o rifiuto - di metabolizzarlo. Un applauso va però in particolar modo agli attori, in primis a uno stupefacente Sam Rockwell e a una Frances McDormand perfetta nei panni di una madre incattivita e resa cinica e impudente dall’impossibilità di trovare giustizia in chi dovrebbe al contrario garantirla.
Sicuramente uno dei protagonisti nella corsa agli Oscar 2018.
Voto: 3/4
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