Recensioni film in sala

THE QUIET GIRL (Colm Bairéad) • Sale della Comunità

L'accostamento di The Quiet Girl, di Colm Bairéad, con la "nostra" Arminuta di Giuseppe Bonito (dal romanzo di Donatella di Pietrantonio) è un assist talmente ovvio e immediato che a parte una breve riflessione (lieve come un battito di ali), non intendiamo dilungarci troppo su analogie o divergenze. Tra i vari elementi, ce n’è uno interessante e iconico degno di nota, in entrambi i film: “l’abito buono”, indossato a inizio e fine pellicola, un simulacro che si trasforma in marca, un alter ego, che per la proprietà transitiva, diventa specchio della condizione e dell’animo delle due protagoniste. Entrambe, in un percorso parallelo e contrario, si trovano a fare i conti con il mondo ingiusto, e imperfetto dei grandi e si muovono, con intermittente equilibrio, tra solitudine e trascuratezza , accudimento ed emancipazione in un mondo di adulti inadeguati, o non titolati, se non per breve tempo, ad accudirle. Ma ”l’abito buono” diventa anche metafora di un luogo che viene abbandonato, quello dell’infanzia, attraverso un’evoluzione complessa e dolorosa che inscrive la storia delle due bambine nel dramma di formazione.

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“Non conosco nessuno che valga più di me” Gustav Malher

Il film racconta la parabola discendente del direttore di orchestra e compositrice Lydia Tár (Cate Blanchett), donna di successo, piena di sé e capace di reale crudeltà (vedi la scena con la compagna di classe della figlia). Sotto la sua immagine fredda, perfetta e dalla disciplina ferrea si nasconde un personaggio sfaccettato ma imprigionato nella sua convinzione di essere la migliore, incapace di provare sentimenti reali (tranne per la figlia Petra, unico aspetto che la rende umana) e di lasciarsi andare.

decision-to-leave

Se la sua Trilogia della Vendetta, con Oldboy in primis, è un cult assoluto, il resto della filmografia di Park Chan-wook non sembra godere della stessa popolarità, almeno in Italia dove il suo nuovo film Decision to Leave arriva in sala dopo quasi un anno dalla presentazione al Festival di Cannes, dove peraltro ha ricevuto il premio per la miglior regia. Non è quindi un caso che si sia voluto rimediare nei confronti del regista coreano con una rassegna nazionale sulla sua filmografia a supporto dell'uscita del film che, pur essendo stato accolto da recensioni non unanimi, conferma ancora una volta come Park abbia un talento e un gusto nella messa in scena che lo rendono tra i registi di culto contemporanei.

vele-scarlatte

Dopo due documentari quali Per Lucio e Futura, Pietro Marcello torna a fare i conti con un film di finzione, ovviamente insistendo e lavorando su ciò che lui stesso intende come messa in scena cinematografica. Le vele scarlatte è dalle parti di Bella e perduta e Martin Eden, ce ne accorgiamo subito dai primi minuti. Quello che il regista casertano propone è un viaggio indietro nel tempo, in un abbraccio in grado di raccogliere al suo interno il realismo magico tanto caro al cinema francese degli anni Trenta (non un caso che il film sia parlato proprio con l’idioma francofono, per la prima volta nella sua carriera) e le immagini di repertorio con cui da sempre l’autore lavora. Le vele scarlatte è sì l’adattamento di un omonimo romanzo russo scritto dopo la rivoluzione del secolo scorso, ma è soprattutto l’ennesimo tassello di una filmografia basata (per non dire ossessionata) sulla forma più materica e palpabile del cinema.

babylon

Hollywood, anni '20: nello sfrenato mondo della settima arte si intrecciano le vite di un'attrice in cerca di fama (Margot Robbie), di una star del grande schermo (Brad Pitt), di un giovane appassionato di cinema (Diego Calva), di un musicista jazz (Jovan Adepo) e di una artista orientale (Li Jun Li). A distanza di 5 anni da First Man – Il primo uomo, Damien Chazelle torna dietro la macchina da presa con Babylon, film da lui diretto e scritto e quinto della sua carriera, che comprende soprattutto Whiplashe l'iconico La La Land.

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