Recensioni film in sala

skazka

Il potere e la Storia, centro nevralgico del cinema di Aleksandr Sokurov, tornano in modo preponderante nell'ultimo lavoro del regista russo, presentato al Locarno Film Festival. Il suo è decisamente il nome più conosciuto nel concorso ufficiale di questa edizione e Skazka - titolo internazionale Fairytale - è senza dubbio un film talmente inclassificabile da riscrivere il concetto stesso di cinematografia e di narrazione.

X-A-Sexy-Horror-Story

Gli anni '70, si sa, sono l'età d'oro dell'horror. Lo sa bene Ti West, specialista del genere, che imprime una tacca importante in carriera con X - A Sexy Horror Story e confeziona uno slasher rurale che omaggia dichiaratamente tutto quel filone di Non aprite quella porta et similia, ambientandolo proprio nel 1979 e remixandolo con l'hardcore.

Elvis

Ci mancava, l’Elvis fracassone di Baz Luhrmann, l’ennesima baracconata senza introspezione tutta stile (comunque brutto) e (molta) poca sostanza. Luhrmann, si sa, è un autore, e su questo non ci piove: la paternità dei suoi lavori sarebbe distinguibile in due secondi netti anche dall’occhio meno esperto: e questo Elvis, sia come scelte visive che come pacing del racconto (similissimo al precedente, lievemente superiore Grande Gatsby), si confà perfettamente al volgare e delirante stile barocco pastrocchio cui l’australiano ci ha tristemente abituati da lungo tempo a questa parte (a partire da quel repellente scempio farneticante e screanzato che è Romeo + Juliet, comunque più coraggioso, nella radicalità demente delle sue scelte, dei suoi titoli più moderni).

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Nascere da due superstar idolatrate in Francia e in tutto il mondo come Serge Gainsbourg e Jane Birkin non è un'eredità facile, ma il bello di Charlotte Gainsbourg è la sua capacità di aver costruito una carriera intorno e nonostante questo fardello, da figlia d'arte rispettosa e antidiva eclettica. L'esordio alla regia dell'attrice e cantante francese va necessariamente a confrontarsi con tale eredità ed è un commosso omaggio a mamma Jane, che si racconta attraverso lo sguardo della figlia in questo documentario davvero intenso ed emozionante.

Top-Gun -Maverick

Andiamo con ordine: il primo Top Gun, cult imperituro e fenomeno di costume di un’intera generazione, era un colossale e demenziale videoclip ultra-patinato e impregnato di retorica bellicista testosteronico-americanoide e di tremenda e pericolosa ideologia reaganiana reo d’aver illuminato la via, a mo’ di sadico e perverso rabdomante, per il (peggior) cinema d’azione a venire, mutato oggi solo all’apparenza nella forma e negli sviluppi (si vedano gli infiniti prodotti fast food targati Marvel Studios, tutti lustrini e zero sostanza, ma con canovacci - chiamiamoli così - similari): indi, già solo l’idea d’un rinverdimento dei rancidi fasti passati (quasi quarant’anni dopo, è bene ricordarlo), provocava, per usare un eufemismo, sudori freddi e vertigini hitchcockiane.

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