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- Scritto da Valeria Morini
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 01 Marzo 2018
Attrice icona del cinema indipendente (da Frances Ha a Wiener-Dog), ma anche sceneggiatrice e produttrice: a Greta Gerwig, deliziosa antidiva quasi sempre lontana dai circuiti mainstream, non restava che tentare il grande passo della regia. Una scelta tradottasi in un film, Lady Bird, che è stato un autentico caso cinematografico negli Stati Uniti e ha conquistato due Golden Globe e cinque nomination agli Oscar, portando direttamente la Gerwig nello scarnissimo novero delle registe donne candidate agli Academy Awards (appena cinque nella Storia, di cui è l'unica nominata per l'opera prima). Film che, immancabilmente, scava nei territori familiari ma ostici dell'autobiografia, con la storia dolceamara di una liceale sognatrice ribelle (Saoirse Ronan), che vuole lasciare la dolce e soffocante "prigione" della sua Sacramento per studiare a New York e, tra primi amori e amicizie, è perennemente in conflitto con una madre altrettando testarda (Laurie Metcalf).
Elementi autobiografici, dicevamo, poiché personaggi e situazioni ricalcano l'adolescenza della regista (proveniente dalla stessa Sacramento, su cui ha il progetto di girare addirittura una quadrilogia di film sul solco della saga letteraria della nostra Elena Ferrante). Così, la protagonista si chiama Christine - vero nome della mamma della Gerwig - ma si ribattezza Lady Bird, in cerca di un'identità anticonformista e fuori dagli schemi e alle prese con l'amore-odio per la sua città, la madre, se stessa, il mondo in cui è cresciuta (il liceo cattolico, il teatro, il quartiere proletario), il tutto raccontato con una capacità d'introspezione, una vitalità e una freschezza narrativa che rendono effettivamente questo film uno degli esordi registici più notevoli degli ultimi anni.
Per quanto (volutamente) derivativo nel ricalcare schemi e passaggi dei racconti di formazione tipici del cinema indie, Lady Bird ne restituisce finalmente una prospettiva tutta al femminile e, con l'adorabile ritratto di un rapporto madre-figlia e di un'(anti)eroina così autentica (anche nella sua sgradevolezza e nelle sue imperfezioni), si pone come una summa definitiva del coming of age americano, un gioiellino di pura poesia sulla crescita ma anche sulla riconciliazione con le proprie radici. Già matura registicamente e nella scrittura, la Gerwig riesce dirigere i suoi attori con sapienza e sensibilità, tirando fuori il meglio dalle stupende Ronan e Metcalf (nota soprattutto per The Big Bang Theory) ma anche dal cast di contorno, che comprende i giovani lanciatissimi Lucas Hedges (Tre manifesti a Ebbing, Missouri) e Timothée Chalamet (Chiamami col tuo nome).
Voto: 3/4
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