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- Scritto da Valeria Morini
- Categoria: Recensioni film in sala
- Pubblicato: 06 Dicembre 2017
Tutto inizia con un litigio per una grondaia, che culmina con un insulto, degenera in uno scontro fisico e finisce in tribunale con tanto di scontri in piazza e una nazione in rivolta. Quella nazione, in L'insulto di Ziad Doueiri in sala dopo la presentazione concorso alla Mostra del cinema di Venezia 2017, è il Libano contemporaneo e la vicenda che vede protagonisti il cristiano Toni (Adel Karam) e il profugo palestinese Yasser (Kamel El Basha, premiato con la Coppa Volpi a Venezia) non è altro che la fotografia di un Paese ancora clamorosamente diviso e ribollente, la rappresentazione - stilizzata ma non per questo meno efficace - di una situazione politica di cui noi occidentali comprendiamo ancora troppo poco la delicatezza e la complessità.
Il legal drama di Doueiri (tra l'altro operatore alla macchina da presa nei primi film di Tarantino), quasi interamente ambientato nelle aule giudiziarie come un procedural americano, è una pellicola imperfetta ma potente, che cerca un ritmo e un impianto stilistico da cinema mainstream per raccontare le divisioni etniche libanesi e le profonde ferite, mai rimarginate, di una lunga guerra civile. Dietro la cocciutaggine di due uomini ostinati nelle loro ragioni c'è un passato storico fatto di violenze reciproche e traumi dolorosi (con colpe abominevoli da entrambe le parti), di cui il regista riesce a evidenziare con accuratezza quanto gli effetti sul presente possano ancora essere devastanti.
Mentre la didascalia iniziale manifesta la presa di distanza da parte dello stato libanese, specificando come le vicende riflettano il pensiero degli autori e non del governo, Doueiri e la co-sceneggiatrice Joelle Touma centrano il segno con un'allegoria politica lucida e indubbiamente coinvolgente. Ecco perché, al netto dei suoi difetti (qualche concessione alla retorica e al semplicismo, le musiche a tratti eccessivamente pompose), promuoviamo L'insulto, che rappresenterà il Libano ai prossimi Oscar, per il suo coraggio e la capacità di restituire una realtà dalle mille facce, senza giudizi e con una certa spietatezza. Il regista ha fatto parlare anche per il suo arresto avvenuto a Beirut pochi giorni dopo l'anteprima veneziana, con l'accusa di "collaborazionismo con il nemico israeliano" in marito al suo precedente film The Attack, e condotto in tribunale. Quasi una beffa kafkiana considerata l'analogia con quanto accade ai protagonisti de L'insulto, fortunatamente conclusasi con il suo rilascio.
Voto: 2,5/4
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