Serie tv
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- Scritto da Lorenzo Bianchi
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«Jessica Jones, stop talking».
«Who the hell are you?»
«My name is Matthew Murdock. I’m your attorney».
Come The Avengers, probabilmente più di The Avengers. Defenders, in arrivo su Netflix dal prossimo 18 agosto, ha finalmente realizzato i sogni di chi nel 2015 si è divorato Daredevil e Jessica Jones e ha poi proseguito nel 2016 con la seconda stagione di Daredevil (che ha introdotto Elektra e The Punisher) e Luke Cage, concludendo il percorso lo scorso marzo con Iron Fist. Come avvenuto con The Avengers, che nel 2008 apriva il grande MCU (Marvel Cinematic Universe) con un notevole Iron Man e un mediocre Hulk (tanto che Edward Norton fu sostituto poi da Mark Ruffalo), per poi aggiungere i vari Thor e Captain America (entrambi del 2011) per arrivare all’unione di tutti i supereroi nel 2012, concludendo la fase uno del MCU e, di fatto, mai più raggiungendo un livello qualitativo elevato, se si escludono i due capitoli di Guardiani della Galassia e Doctor Strange.
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“Era in prigione da tre anni, Shadow. E siccome era abbastanza grande e grosso e aveva sufficientemente l’aria di uno da cui è meglio stare alla larga, il suo problema era più che altro come ammazzare il tempo. Perciò faceva ginnastica per tenersi in forma, imparava giochi di prestigio con le monete e pensava un sacco a sua moglie e a quanto l’amava.”
Inizia così American Gods, indelebile opera data alla luce da Neil Gaiman nel 2001 e diventata ora una serie tv. Premesso che la difficoltà nel rappresentare visivamente le pagine di un genio come Gaiman sono già state evidenziate da opere non all’altezza come Stardust e Lucifer – con la sola eccezione del bellissimo Coraline – è altrettanto vero che, almeno da quanto si è potuto vedere nel pilot, la strada intrapresa possa essere quella giusta. A partire da titoli di testa affascinanti e simbolici, che riassumono il tema principale dell’opera: il contrasto tra divinità classiche e ciò che oggi è divenuto divinità, soppiantando la Fede con denaro, droga, gioco d’azzardo e avidità, arrivando a mettere anche un astronauta sul crocifisso, visto che anche l’allunaggio per molti non è mai accaduto, rendendo anch’esso, di fatto, un atto di fede. Believe. Questo dice il bufalo con occhi di fuoco all’incredulo Shadow, incontrandolo in quello che apparentemente sembrerebbe un sogno ma che per l’ignaro ex carcerato sarà solo l’inizio di una realtà incredibile.
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- Scritto da Camilla Maccaferri
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“Apri tutto, smarmella”, “a cazzo de cane”, “qualità o morte”: quando una serie funziona, i suoi modi di dire, i neologismi, i lessemi ricorrenti diventano tormentoni anche nella vita quotidiana. Ed è difficile che un addetto ai lavori non sorrida quando un collega gli chiede di aprire tutto: ma il bello di Boris è che, pur essendo una satira della fiction televisiva italiana e dei perversi meccanismi che vi si celano dietro, è riuscita con le sue tre stagioni a fare breccia in un pubblico molto più vasto.
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- Scritto da Lorenzo Bianchi
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Se si esclude Daredevil – che mantiene un tasso qualitativo eccellente dal primo episodio della prima stagione all’ultimo della seconda – tutti le serie Marvel firmate Netflix (Jessica Jones e Luke Cage) sono come dei diesel: partono lenti, facendo ambientare lo spettatore nel setting prescelto, permettendogli di conoscere i personaggi, per poi accelerare nella seconda metà della stagione arrivando al top nel finale. Iron Fist non fa eccezione in questo, anche se è una produzione distante dalle altre, molto più vicina all’action puro che all’approfondimento sul personaggio, benché comunque sia presente quest’ultimo aspetto. Convincendo, ma non completamente.
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- Scritto da Lorenzo Bianchi
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Disponibile su Netflix
Piedi nudi, tuta grigia ormai consumata dal tempo, barba incolta e passo deciso, con musica hip hop che spinge nellemorecchie veicolata da un iPod quantomai datato. Il tutto, in pieno centro di New York. Si presenta così, nella sua prima sequenza, Danny Rand (Finn Jones), che si reca nel palazzo che fu sede di lavoro di suo padre e del suo socio in affari, Harold Meachum, per riprenderne possesso, dopo 12 anni di assenza dalla città che ormai lo crede morto. Ad accoglierlo, il figlio di Harold, Ward (Tom Pelphrey), che non crede al fatto che lui sia veramente chi dice di essere e che, quando scopre la verità, cerca di ucciderlo.
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