Milano Film Festival 2013
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- Scritto da Erica Francesca Bruni
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“Facts, per se, do not constitute truth.” Werner Herzog
The Act of Killing è stato uno dei film più importanti presentati nella sezione “Outsiders” del MFF. Il film ha ricevuto già vari riconoscimenti, come il premio della Giuria ecumenica al Festival di Berlino, e quello per la migliore produzione internazionale al Biografilm Festival.
Nel 1965, un tentato golpe andato male segna la fine del presidente riformatore Sukarno e il partito comunista indonesiano si trasforma nella mente di molti da forza di massa del potere del popolo a simbolo di male. In meno di un anno chiunque si opponga alla dittatura militare viene accusato di comunismo e trucidato con l’appoggio della gioventù di Pancasila. Ci furono più di un milione di vittime, molte delle quali uccise da Anwar Congo. Eppure, nonostante questo, Anwar Congo in Indonesia è considerato un eroe nazionale e tutti coloro che hanno partecipato al massacro ricoprono ruoli di potere.
Leggi tutto: THE ACT OF KILLING di Joshua Oppenheimer (2012)
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- Scritto da Andrea Pesoli
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A sorpresa il trionfatore del 18° Milano Film Festival è Yann Gonzalez con il suo Les Rencontres d’après minuit, che si è aggiudicato il premio come miglior lungometraggio. La Menzione Speciale è andata al film francese Mirage à lʼItalienne della regista italiana Alessandra Celesia (che si è anche aggiudicato il Premio Aprile, assegnato dal comitato di selezione).
Per quanto riguarda il concorso cortometraggi, il migliore scelto dalla giuria è stato Pequeño bloque de cemento con pelo alborotado conteniendo el mar dello spagnolo Jorge Lopez Navarrete; mentre si è aggiudicato la Menzione Speciale lo strambo Chigger Ale di Fanta Ananas.
Leggi tutto: Les Rencontres d’après minuit di Yann Gonzalez vince il Milano Film Festival
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- Scritto da Andrea Pesoli
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La favola di Hushpuppy e della sua “famiglia” in Re della terra selvaggia è servita per mostrare una curiosa minoranza che viveva emarginata nella nazione dell’uguaglianza per eccellenza. Ma anche chi vive nei grossi conglomerati urbani non se la passa meglio. Questo sembra essere il messaggio che Lotfy Nathan (cineasta di 26 anni all’esordio assoluto) sembra confezionare con il documentario 12 O’Clock Boys.
Un progetto durato 3 anni (2010-2013) nei quali il regista/sceneggiatore ha seguito Pug, giovane afroamericano di Baltimora affascinato dai 12 O‘Clock Boys, una gang locale di motociclisti di cui il giovane vuole far parte a tutti i costi. Lo spettatore nei 76 minuti del film vede crescere il ragazzo e contemporaneamente riceve una preziosa testimonianza della vita in un ghetto/sobborgo.
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- Scritto da Erica Francesca Bruni
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"Before Bad Brains,
The Sex Pistol or even the Ramones,
there was a band called Death"
Presentato in anteprima nella sezione "Outsiders", A Band Called Death, girato da Mark Covino e Jeff Howlett, è la storia di una band fondata nel 1971 a Detroit dai fratelli Bobby, David and Dannis Hackney.
A causa di grossi problemi con le case discografiche per via del nome del gruppo, furono costretti a sciogliersi ancora prima di completare il loro album. Grazie alla riscoperta, in anni ben più recenti, di un demo che diventa culto, alla ricerca dei collezionisti e alla condivisione in rete, riescono ad ottenere il meritato successo.
Leggi tutto: A BAND CALLED DEATH di Mark Christopher Covino e Jeff Howlett (2012)
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- Scritto da Valeria Morini
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Chebabs: in arabo, i giovani. Yarmouk: il più grande campo profughi palestinese in Siria, alle porte di Damasco, che dal 1948 “ospita” al suo interno una comunità arrivata a contare 100.000 rifugiati. Il giovane documentarista francese Axel Salvatori-Sinz, con un passato da antropologo e una profonda conoscenza delle culture arabe e musulmane, presenta al Milano Film Festival il suo primo lungometraggio, girato con pochi mezzi e praticamente in clandestinità.
Il film entra nella vita quotidiana di un gruppo di ragazze e ragazzi del campo, Ala’a, Hassan, Samer, Tasneem e Waed, mostrandoci la precarietà e le disillusioni di questi giovani privi di un'identità e di una madrepatria. Anziché optare per l’intervista diretta, il regista sceglie di introdursi silenziosamente nelle loro conversazioni, filmandoli senza quasi interagire con loro: c’è chi tenta in tutti i modi di scappare, chi accetta il frustrante servizio militare pur di accedere ai diritti di cittadinanza, chi si sente soffocare in quel chiuso microcosmo sovrappopolato, chi nonostante tutto non smette di sognare.
Leggi tutto: LES CHEBABS DE YARMOUK di Axel Salvatori-Sinz (2012)
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