lucy luc bessonLUCY di Luc Besson (2014)

Scritto da Andrea Chimento

Luc Besson in caduta libera: dopo diversi pessimi film, tra cui i recenti Arthur e la guerra dei due mondi e Cose nostre-Malavita, il regista francese tocca uno dei punti più bassi della sua carriera con Lucy, scelto come titolo d'apertura del Festival di Locarno 2014.

Protagonista è Scarlett Johansson (spaesata come il resto del cast) che veste i panni di Lucy, una ragazza costretta a prestarsi come corriere per il traffico di droga. Assumerà involontariamente una nuova sostanza che la trasformerà in una temibile macchina da guerra.

Per l'ennesima volta Besson dirige una pellicola con protagonista un'eroina (si pensi, in particolare, a Nikita del 1990) ma, in questo caso, ogni velleità di gender viene meno e il risultato è un film fiacco, perennemente indeciso se prendere la strada dell'action movie o del thriller paranormale.

I difetti più evidenti risiedono però in una sceneggiatura scontata, poco credibile e banalissima. Gli effetti speciali a dir poco pacchiani sono soltanto la goccia che fa traboccare il vaso.

Voto: 1,5/4

 

FROM WHAT IS BEFORE di Lav Diaz (2014)

Scritto da Andrea Chimento

Filippine, tra il 1970 e il 1972. In un piccolo villaggio accadono fatti misteriosi: si sentono dei pianti provenire dalla foresta, alcune mucche vengono ritrovate completamente squartate, delle case sono date alle fiamme. Le truppe militari controllano la zona, mentre il presidente Ferdinand E. Marcos si prepara a imporre la legge marziale all’intera nazione.

From What Is Before è un viaggio nella memoria, un racconto di presagi funesti che anticipano la reale Apocalisse che colpirà il villaggio e l'intera Repubblica asiatica: come nelle precedenti pellicole di Lav Diaz s'indagano i modi in cui gli esseri umani reagiscono all'arrivo della "fine".

Grazie anche a una fotografia semplicemente sublime, si tratta di una delle esperienze cinematografiche più intense degli ultimi anni: un lungometraggio (338 minuti) di struggente bellezza, profondo, crudele, straordinario e da cui è impossibile distogliere lo sguardo.

Lav Diaz, che torna al bianco e nero dopo la parentesi di Norte, the End of History, si conferma anche un ottimo direttore d'attore. Indubbiamente tra i film più importanti dell'anno; sicuramente nelle sale italiane non lo vedremo mai.

 

Voto: 3,5/4

 

LA SAPIENZA di Eugène Green (2014)

Scritto da Valeria Morini

Alexandre (Fabrizio Rongione) e Aliénor (Christelle Prot) - lui architetto, lei sociologa - coniugi francesi in crisi, compiono un viaggio tra Svizzera e Italia. A Stresa, conoscono un'altra coppia, fratello e sorella adolescenti (Ludovico Succio e Arianna Nastro). Aliénor rimane sul lago ad assistere la malata (?) Lavinia, Alexandre parte con Goffredo per Torino e Roma, alla scoperta del barocco di Bernini e Borromini e in cerca di una salvezza dal suo tormento interiore.

L'opera di Eugène Green, habitué di Locarno, è una strana operazione di cui si fatica a comprendere il senso dietro la pesante struttura filosofico-esistenziale; in compenso, è ben visibile, sotto la patina del tipico prodotto festivaliero, la sua sconcertante amatorialità.

Filmato in francese e italiano, vanta una sceneggiatura a dir poco ridicola. Viene il forte sospetto che chi ha curato i dialoghi italiani conosca ben poco la nostra lingua (nonché la nostra geografia), ma è soprattutto la recitazione degli interpreti a lasciare basiti: penoso il protagonista, imbarazzanti i giovanissimi attori nostrani, appena salvabile la Prot, mentre sul breve cameo del regista è meglio stendere un pietoso velo. Performance simili (considerando, peraltro, l'arroganza del film nel voler affrontare i massimi sistemi del mondo) fanno sembrare i protagonisti delle fiction tv, al confronto, delle star da Oscar.

Resta la grandiosità delle architetture accarezzate dalla macchina da presa, ma l'impressione è che il regista abbia visto La grande bellezza e Viaggio in Italia senza capire granché del Belpaese, né di come si fa cinema.

Voto: 1/4

 

SONGS FROM THE NORTH di Soon-mi Yoo (2014)

Scritto da Valeria Morini

Viaggio nel paese più cupo, misconosciuto e probabilmente “più solitario” (come dice lo stesso film) del mondo: la Corea del Nord. Lo compie la giovane regista, sudcoreana, che per ben tre volte ha attraversato il 38° parallelo e ne è tornata con curiose immagini video, poi unite all'intervista al padre (testimone della decennale divisione tra i due Paesi) e a diversi filmati di repertorio, spezzoni di film e di programmi tv di propaganda. Fanno da filo conduttore i canti patriottici che segnano la vita quotidiana di questa anomalia geopolitica di cui è davvero difficile intravedere quale sarà il futuro.

Solenni, retorici, gli inni appaiono, a noi che viviamo anni luce da quel mondo, inevitabilmente ridicoli; eppure, in qualche misura coinvolgenti, sono la traccia sonora perfetta per guidarci tra le coordinate culturali di un Paese in cui l'unico sentimento dominante sembra essere l'amore, assoluto e incondizionato, per la Patria e e il suo leader politico. Idea interessante, ma il lavoro documentaristico dell'autrice appare troppo acerbo e confuso per colpire e far davvero comprendere la realtà nordcoreana a chi non la conosce.

 Voto: 2/4

 

 

 

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