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Dopo aver fatto il grande splash con Call Me By Your Name e aver battuto il ferro ancora caldo col remake di Suspiria, Luca Guadagnino si ricava finalmente un posticino nel programma del Festival di Cannes con The Staggering Girl, mediometraggio presentato alla Quinzaine des Realisateurs. Francesca Moretti (Julianne Moore) e una ragazza misteriosa (Kiki Layne) si muovono per le strade di Roma e New York nel tentativo di riconciliarsi col proprio passato, misteriosamente legate l’una all’altra ma destinate a non incontrarsi mai.

Se già la trama suona come il tentativo di redimere con qualche sofisma una traccia sviluppata male da un generico studente di cinema, il resto della pellicola non è da meno. Al livello di expertise e di notorietà raggiunti da Guadagnino, inquadrature ben fatte e un montaggio accattivante dovrebbero essere un punto di partenza da dare per scontato. Eppure questo pacchetto ben confezionato ma vuoto di sorprese o contenuti sembra poter contare solo su quello.

Il flusso narrativo scorre fra piani temporali sovrapposti e apparizioni folgoranti dei capi del creative director di Valentino, Pierluigi Piccioli, indossati magnificamente dalle attrici – nel cast anche Alba Rohrwacher e Mia Goth, che a detta di Guadagnino, dopo Suspiria, è ormai a tutti gli effetti parte del suo universo cinematografico. Forse è proprio la collaborazione con la maison ad appesantire l’intera operazione. Quello che doveva rappresentare un incontro fra Settima Arte e haute couture non risulta in sinergia ma piuttosto nel soccombere dell’una a scapito dell’altra.

In questo ibrido fra lunghissimo stacco commerciale e breve film sperimentale, l’unico piccolo shock è garantito dai titoli di testa, per i quali Guadagnino si appropria – senza spiegare il perché – del font reso iconico da Woody Allen.

Ben lontano dalle vette toccate di recente, un passo indietro giustificabile che però passo indietro rimane.

Voto: 2

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