Festival di Cannes 2015

sicario

Dopo un fine settimana dedicato al filone più drammatico (Mia Madre, Carol, Mon Roi, Saul Fia i film presentati), il Festival di Cannes cambia tono e inizia a sparare le sue cartucce nel vero senso della parola. Sicario di Denis Villenueve infatti è un thriller ad alta tensione che smuove un po’ il concorso con un ritmo incalzante e potenzialmente sempre esplosivo.

Il regista canadese organizza al meglio la messa in scena dello script dirigendo in maniera credibile e convincente i suoi protagonisti (Benicio Del Toro, Emily Blunt e Josh Brolin) e allestendo con mano sicura ed esperta alcune sequenze davvero complicate ma dal forte impatto (in primis la scena dell’assalto nel traffico intenso). Sotto il punto di vista formale infatti, Sicario è un film inattaccabile e godibile. Il problema della pellicola risiede tuttavia nelle sue intenzioni.

Inside-Out

Venti anni fa, si presentarono agli occhi del mondo con il loro primo lungometraggio (Toy Story) lasciando il segno nel cuore e negli occhi di molti, ma soprattutto lanciando una sfida a se stessi: raggiungere l’infinito, anzi, andare oltre.

Lungo una carriera straordinaria, la Pixar ha provato a vincere tale scommesso conducendo il suo pubblico dalle profondità della terra (A Bug’s Life) e del mare (Alla ricerca di Nemo) alle immensità dello spazio (Wall-E), passando attraverso le avventure di un cuoco pasticcione (Ratatouille), una famiglia di supereroi (Gli Incredibili) e provando ad immaginare mondi paralleli popolati da mostri (Monsters & Co.). Ora, dopo due anni di assenza dagli schermi di tutto il mondo (fatto questo particolarmente sorprendente in quanto la casa d’animazione è sempre stata solita rilasciare una pellicola ogni anno), i geni della casa californiana tornano con un ultimo (e forse definitivo) lavoro che in qualche modo sembra riuscire a vincere la sfida di cui sopra.

Infatti cosa c’è di più in(de)finito delle emozioni umane? Dove risiedono? Da dove nascono? Come si comportano? Questi sono i difficilissimi temi affrontati da Inside Out, un progetto ambizioso più che mai, ma capace di lasciare il segno, profondamente, grazie alla sua fantasiosa e originale creatività.

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Sinora, la notizia più scandalosa del Festival di Cannes sono stati i fischi più che sonori rivolti alla proiezione stampa di The Sea of Trees, ultimo film di Gus Van Sant con Matthew McConaughey, Naomi Watts e Ken Watanabe.

La pellicola segue le avventure in solitario di un uomo depresso e disorientato, e del suo peregrinare nei meandri di una foresta giapponese famosa per essere luogo di numerosissimi suicidi. La strada lo condurrà all’incontro con quella di un altro individuo smarrito a sua volta, non solo all’interno del bosco, ma all’interno della sua vita. Inevitabilmente il contatto avrà delle conseguenze sulla loro visione esistenziale.

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Dopo aver inaugurato l’edizione numero sessantotto del Festival di Cannes dirigendo il film d’apertura La tète haute, Emmanuelle Bercot torna sul red carpet della Croisette per presentare, questa volta in concorso, Mon Roi, film della regista francese Maïwenn che la vede protagonista insieme a Vincent Cassel.

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Sono ormai lontani i tempi in cui l'autarchico Nanni Moretti dissertava con acume e sarcasmo sulla condizione del disilluso universo giovanile, sul vuoto intergenerazionale, sulla perdita di valori morali, sulle idiosincrasie contemporanee, sul pubblico televisivo, sul potere distorto dei media, sull'ipocrisia dilagante, sulle proprie nevrosi, sulla Sachertorte. Con al centro se stesso, sempre e comunque. Il "morettismo" più intransigente ha lasciato spazio, dagli anni 2000 in poi, a una visione cinematografica più distesa e riflessiva, ancora affilata come un rasoio eppure silente nell'insinuarsi sotto l'epidermide dello spettatore senza quello straordinario (ma oggi inevitabilmente desueto) piglio spocchioso di gioventù. La filmografia dello splendido sessantaduenne di Brunico assume sempre più i tratti di un quadro artistico in divenire, ineccepibile nel rendere la consapevolezza e la maturazione di un autore tra i più importanti del panorama cinematografico italiano di oggi.

Un "nuovo corso" che non impedisce a Moretti di racchiudere in ogni singola opera i propri precipui tratti distintivi, solamente levigati dallo scorrere del tempo. Ed ecco che Mia madre, in concorso alla 68esima edizione del Festival di Cannes, nell'essere un punto di arrivo che racchiude e completa un cinema sempre più orientato al rigore, alla riflessione sul dolore e l'inadeguatezza, alla paura di avere paura, non rinuncia ai consueti topoi morettiani (la famiglia borghese intrisa di cultura classica, la crisi d'identità, l'incomprensione, la crisi artistica, l'approccio ateo all'esistenza, la medicina, il ballo).

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