reroute

Nei film “lasciare la via vecchia per la nuova” significa che le cose andranno male. Malissimo. I proverbi esprimono una saggezza popolare antica che nel cinema diventano regole implacabili applicate con precisione chirurgica. Per questo intuiamo in anticipo che, la deviazione forzata che costringe i protagonisti di Reroute a cercare una strada alternativa per raggiungere la loro meta non porterà nulla di buono. Soprattutto quando la loro macchina si fermerà in una proprietà privata gestita dall’inquietante Gemo, ex militare che solo in un primo momento si offrirà di aiutarli.

Girato in un bianco e nero che accentua un percepibile senso di inquietudine, il film di Lawrence Fajardo è un thriller che pecca di originalità ma trasforma il suo sottotesto erotico in qualcosa di particolamente cupo e disturbante anche per lo spettatore più navigato.

Il problema più grosso del film risiede però nella gestione dei tempi: si ha infatti l’impressione che l’incipit sia troppo diluito e che la svolta, le cui aspettative vengono montate suggerendo anche in maniera poco velata tanti piccoli elementi, arrivi tardi concentrando forse troppo la parte della pellicola che tiene davvero incollati allo schermo. Allo stesso modo anche il finale finisce per sembrare troppo sbrigativo e meno d’impatto di quello che ci si aspetterebbe.

Importantissima nota positiva, che tiene insieme tutto il film tra pregi e difetti, l'interpretazione di John Arcilla nei panni di Gemo, che con il suo sguardo spiritato e quel modo di soppesare ogni frase che proferisce, rappresenta proprio l’ultima persona al mondo a cui mai vorresti chiedere aiuto.

Voto: 2/4

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