Far East Film Festival 2013

Mariposa in the Cage of the Night

MARIPOSA IN THE CAGE OF THE NIGHT di Richard V. Somes
Scritto da Matteo Soi

L'anima pulp del cinema filippino si agita e scalpita con tutta l'urgenza che ha una piccola cinematografia di essere ascoltata e capita. Il regista Richard V. Somes ci catapulta in una Manila notturna dove la protagonista Maya si trova a vagare nel disperato tentativo di scoprire che cosa è successo a sua sorella. Ma la grande città, foriera di promesse e miraggi ingannevoli, si dimostra un buco nero popolato da poliziotti corrotti e boss ossessionati da un'immagine femminile ideale, disposti a deturpare giovani donne con la chirurgi estetica pur di ottenerla. Questa lenta ma inesorabile discesa nell'incubo è resa acusticamente da una colonna sonora disturbante e visivamente da un lavoro sulle scenografie specificatamente curato per far sembrare ogni location sporca ed inospitale. Somes non si risparmia in brutalità e dettagli macabri anche di dubbio gusto, ma tutto è funzionale e nulla fine a se stesso. Peccato per qualche evidente problema di regia e montaggio nelle scene più concitate ma, per il resto, ci troviamo di fronte ad una delle sorprese nascoste del festival.

Painted Skin-The Resurrection.jpg Xiao WeiPAINTED SKIN: THE RESURRECTION di Wuershan
Scritto da Matteo Soi

Uno spirito-volpe fugge dalla prigione di ghiaccio nella quale era rinchiuso da cinquecento anni e, assunte le sembianze di una bellissima donna, ruba e mangia il cuore a giovani uomini per mantenere il suo aspetto. Nel suo peregrinare conosce una giovane principessa sfigurata il cui calore è in grado di difenderla dal ghiaccio che la perseguita. Imponente film in costume ma anche fantasy melodrammatico, Painted Skin è un progetto nel quale l' utilizzo di effetti speciali è assolutamente complementare al resto, tanto al ruolo degli attori che a quello delle coreografie nei combattimenti. Lo stile visivo (il design è affidato a Yoshitaka Amano) è davvero bello ma l' attenzione che richiedono gli occhi non distrae dal resto ed è quindi impossibile non accorgersi di una sceneggiatura che va un po' a singhiozzo ma che riesce comunque a raccontare un grande amore sofferto con tutte le enfasi del caso.

apolitical-romance-la-locandina-del-film-271892 mediumAPOLITICAL ROMANCE di Hsieh Chun-yi

Scritto da Matteo Soi

Una ragazza di reca a Taiwan per trovare il primo amore di sua nonna. Si fa aiutare nella ricerca da un ragazzo del luogo e, nonostante gli attriti iniziali dovuti alle differenze culturali, tra loro nasce lentamente qualcosa. Messa così la commedia romantica made in Taiwan non sembra particolarmente promettente, anzi, difficilmente si può pensare a qualcosa di più ordinario e scontato. Eppure il giovane regista (esordiente) e sceneggiatore Hsieh Chun-yi, riesce nell' intento di dare alla storia dei suoi personaggi un' impronta politica sulla quale si basano i divertenti battibecchi tra lui e lei ma, in senso più generale, un' idea generale su ciò che divide Cina e Taiwan. Naturalmente però sempre di commedia romantica si tratta, con tutti i pro ed i contro del caso, ma per fortuna si evita qualsiasi forzato sentimentalismo e smancerie tipiche del genere, senza che questa mancanza renda meno esplicito il legame che si instaura tra i due. E chi l' ha detto che i baci sono necessari?

THE BULLET VANISHES di Lo Chi-leungScritto da Matteo Soi

Nella Cina degli anni '30, la guardia carceraria con il pallino per le investigazioni Donglu, viene promosso ed inviato a collaborare con un poliziotto su dei misteriosi casi di omicidio con arma da fuoco dove i proiettili non vengono mai ritrovati. Che fin dai primi minuti il film faccia pensare a Sherlock Holmes (nella sua ultima incarnazione firmata Guy Ritchie) non è certo un segreto ma sarebbe alquanto riduttivo etichettare il film di Lo Chi-leung come una riproposizione in chiave orientale del celebre investigatore inglese. The Bullet Vanishes è un film dalla forte impronta personale che non scimmiotta il cinema occidentale, trattandosi a conti fatti di un classico poliziesco con un' ambientazione storica ben precisa costruito intorno ad un mistero che riserva alcuni efficaci colpi di scena ed altri forse un po' telefonati per un pubblico smaliziato. Niente di nuovo sotto il sole, per carità, ma ad avercene di pellicole d' intrattenimento così.


Voto: 2,5/4

 

Ip-Man-The-Final-Fight-poster-thumb-300xauto-36962IP MAN – THE FINAL FIGHT di Herman Yau

Scritto da Matteo Soi

 

 

 

La stagione cinematografica di Ip Man sembra ben lontana dal concludersi. Dopo i due film diretti da Wilson Ip (un terzo è già in cantiere) e The Grandmaster di Wong Kar Wai, la vita del Maestro Ip (interpretato questa volta dal grande Anthony Wong) arriva nelle mani esperte di Herman Yau, già regista di Ip Man – The Legend is Born. Ambientato nel periodo che va dal suo trasferimento ad Hong Kong fino alla sua morte nei primi anni '70, Ip Man – the Final Fight vede il Gran Maestro, testimone delle difficoltà sociali dell' epoca, accogliere i suoi primi allievi, confrontarsi con altre scuole rivali e con le triadi della “città murata” di Kowloon. Rispetto ai film di Wilson Ip, maggiormente votati all' azione, alle arti marziali ma limitati nella rappresentazione macchiettistica delle controparti giapponesi e inglesi, il film di Herman Yau si concentra sull' aspetto biografico utilizzando la voce fuori campo del figlio per introdurre i vari episodi della sua vita. Questo non significa però che si rinuncia a mostrare il Wing Chun in tutta la sua splendida e precisa eleganza: se tanto è stato fatto per la ricostruzione storica dell' epoca, altrettanto impegno è stato messo nelle sequenze di combattimento, coreografie che si possono contare sulle dita di una mano ma valgono sempre l' attesa, come il lungo duello finale. Insomma, anche Herman Yau è riuscito a celebrare con successo una delle figure più importanti del kung fu e della storia cinese recente.

 

 Voto: 3/4

 

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