Berlinale 2015
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Si è conclusa la 65esima edizione della Berlinale. La giuria guidata dal regista Darren Aronofsky ha consegnato l'Orso d'Oro a Taxi di Jafar Panahi.
Ecco tutti i premiati:
Orso d'Oro per il miglior film: Taxi di Jafar Panahi
Orso d'Argento Gran Premio della Giuria: El Club di Pablo Larrain
Orso d'Argento Alfred Bauer: Ixcanul di Jayro Bustamante
Orso d'Argento per il miglior regista: (ex aequo) Radu Jude per Aferim! | Malgorzata Szumowska per Body
Orso d'Argento per il miglior attore: Tom Courtenay per 45 Years
Orso d'Argento per la miglior attrice: Charlotte Rampling per 45 Years
Leggi tutto: Berlinale 2015, l'Orso d'Oro va a TAXI di Jafar Panahi: ecco tutti i premi
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IL GESTO DELLE MANI di Francesco Clerici (Forum)
Scritto da Simone Soranna
Presentato nella sezione Forum qui alla Berlinale 2015, Il gesto delle mani è un documentario realizzato da Francesco Clerici che per più di un’ora svela i segreti antichissimi dell’arte della scultura in bronzo presso la Fonderia Artistica Battaglia di Milano. Il film infatti segue il processo di creazione di un’opera d’arte ideata dallo scultore Velasco Vitali, dalla sua ideazione sino al suo trasporto presso il committente. Clerici, attraverso l’uso di uno stile sobrio, elegante, dilatato nei tempi da un montaggio quieto e contemplativo, effettua un vero paragone temporale accostando immagini di repertorio a quelle catturate da lui stesso.
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VERGINE GIURATA di Laura Bispuri (concorso)
C’era molta curiosità dietro Vergine giurata. Il film infatti segna l’esordio alla regia di una giovane italiana, Laura Bispuri, selezionata nel concorso tedesco con un lavoro girato a basso budget e dall’alta componente multietnica. Effettivamente la pellicola ha diversi spunti di interesse anche se piuttosto immatura sotto alcuni aspetti. Prendendo le mosse dall’omonimo romanzo di Elvira Dones, la Bispuri racconta una storia dalla forte componente drammatica del tutto incentrata sul tema del ritorno. Hana infatti è una ragazza albanese costretta a estreme limitazioni sociali a causa della comunità maschilista e retrograda in cui vive. Per riuscire a cercare una svolta nella sua vita, presta un giuramento di verginità che la metterà sullo stesso piano degli uomini. Dieci anni dopo però, la donna sentirà il bisogno di tornare indietro, di riappropriarsi della sua identità, delle sue relazioni affettive e del suo corpo. Il corpo, appunto, è il vero protagonista della vicenda, “interpretato” splendidamente da Alba Rohrwacher (da lodare anche per lo studio linguistico a cui si è sottoposta prima delle riprese). La Bispuri mette in scena un apparato umano mutilato, limitato, afflitto, con cui la protagonista si sente a disagio, si sente nuda.
Leggi tutto: Berlinale 2015: VERGINE GIURATA di Laura Bispuri e 13 MINUTES di Oliver Hirschbiegel
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EISENSTEIN IN GUANAJUATO di Peter Greenaway (concorso)
Nel 1931, il regista sovietico Sergei Eisenstein si recò in Messico per girare il suo nuovo film. Peter Greenaway decide di mettere in scena questa esperienza con l'usuale stile colorato, dinamico e barocco interessandosi principalmente a rinchiudere il protagonista trattandolo come un animale in uno zoo. Greenaway infatti ingabbia Eisenstein in spazi geometricamente perfetti, circondato da mura che non gli lasciano scampo e da una macchina da presa incombente e minatoria (la carrellata quadrata, il momento più alto della pellicola, ne è la dimostrazione).
Il pubblico fa la parte dello spettatore, pronto a captare ogni minimo comportamento dell’esemplare sia nella sua vita sessuale (Greenaway non risparmia scene decisamente esplicite) che nei momenti più privati (come nella scena del vomito) quasi come se dovesse studiare la cavia da laboratorio. Tuttavia è proprio la componente dello studio (filologicamente parlando) una delle più gravi lacune del film in questione. Il regista inglese sembra non essere interessato al cineasta Eisenstein, trattandolo piuttosto come un Sergei qualunque. Eccetto la prima eccezionale sequenza d’apertura, il resto della pellicola non è incentrata sullo stile, sulle tematiche o sulla cultura che pervadono la filmografia del sovietico. Questa mancanza di approfondimento non deve essere vista necessariamente come un difetto del film, ma, quando la pellicola entra nella sua parte centrale, ecco che allora il tutto iniziano lentamente e inesorabilmente a cedere. Greenaway ha molta fantasia visiva e lo dimostra largamente, il tutto però sembra fine a se stesso, privo della materia prima che dovrebbe essere alla base del progetto. Perdendo il controllo sulla sostanza (attraverso riferimenti macabri eccessivi, rallenti ingiustificati, sequenze inutili mirate a creare una dicotomia tra buoni e cattivi piuttosto elementare e priva di senso in un’opera come questa), Eisestein in Guanajuato rischia dunque di rimane un film riuscito per metà, che farà sicuramente contenti i fedeli fans del regista, mentre lascerà indifferenti e paghi della loro avversione coloro che non hanno mai apprezzato il suo operato.
Leggi tutto: Berlinale 2015: EISENSTEIN IN GUANAJUATO di Peter Greenaway e AFERIM! di Radu Jude
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EVERY THING WILL BE FINE di Wim Wenders (fuori concorso)
Dopo aver realizzato lo splendido documentario Il sale della Terra presentato allo scorso Festival di Cannes, Wim Wenders torna protagonista anche alla Berlinale dove a breve riceverà l’orso d’oro alla carriera. Il Festival ha deciso di rendergli omaggio presentando la sua ultima fatica di finzione nella sezione fuori concorso (oltre che una retrospettiva con i migliori titoli del regista). Si tratta di Every Thing Will Be Fine, lungometraggio girato con l’impiego del 3d e con protagonisti James Franco, Charlotte Gainsbourg e Rachel McAdams.
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