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- Scritto da Valeria Morini
- Pubblicato: 16 Maggio 2022
- Creato: 15 Maggio 2022
Merita un inserimento tra le manifestazioni cinematografiche da tenere d'occhio il Riviera Film Festival, tenutosi a Sestri Levante dal 10 al 15 maggio, che, oltre a raccogliere un discreto pubblico (cosa non facile in tempi duri per i festival) grazie anche un buon battage pubblicitario locale, ha portato nella località ligure una star come Casey Affleck. Siamo stati alla sua masterclass tenutasi domenica 15 maggio nella sala gremita di una location suggestiva come la Baia del Silenzio, perla della Liguria.
"Spero che siate voi a insegnarmi qualcosa", ha esordito l'attore premio Oscar per Manchester by the Sea che negli anni si è ritagliato un ruolo importante come attore schivo e meno maistream del più noto fratello Ben Affleck, ma dotato di enorme talento. Ammettendo con candore e umiltà che l'unica cosa di cui può raccontare è proprio il mestiere d'attore, ha parlato della "recitazione come forma di restoration", di cura per se stessi. Casey Affleck è anche regista con due film all'attivo (Io sono qui e Light of My Life, con un terzo titolo in arrivo, Far Bright Star) e ammette di essere disilluso e poco fiducioso nei confronti del successo: "Ancora mi sembra strano che vogliano scritturarmi per i film". Un attore che mette molto di se stesso nei suoi personaggi: "Ho preso come punto di partenza i miei sentimenti, la mia esperienza. Nel lavoro normalmente devi lasciare i tuoi sentimenti a casa. Per me come attore è davvero un privilegio portare le mie emozioni sul lavoro". Davanti a una platea in parte composta di giovani aspiranti attori, ha parlato con ironia e scioltezza:
Pensando alle cose da dire oggi mi è venuta in mente la citazione "Gli uomini che a teatro restano delusi sono i più saggi". Non sapevo chi l'avesse detta, ma mi sembrava interessante l'idea che è giusto farsi anche deludere. Poi sono andato a cercarla e ho scoperto... che l'avevo detto io! Non ci potevo credere, nemmeno ricordo di averlo detto. Sin dall'inizio del cinema vogliamo credere che quello che vediamo è vero, come il treno nel film dei Lumière, le persone vogliono perdersi in quel mondo. È sempre più difficile creare quell'illusione in modo efficace. Marlon Brando diceva: non voglio preparare i gesti, voglio capire chi è quel personaggio. In molti suoi film tutti gli altri attori sono artificiali, teatrali. Brando no.
Gli '"esordi"... da leone e da alcolizzato
Affleck, 45 titoli all'attivo da Da morire a Will Hunting, dalla saga degli Ocean's a Interstellar, ha raccontato le sue prime esperienze recitative, ben antecedenti alla carriera ufficiale.
Ho recitato per la prima volta a 5 anni, feci la parte del leone in una recita scolastica. La seconda fu alcuni anni dopo: mio padre era alcolizzato e andavo agli incontri per bambini con genitori alle prese con abusi. Mi chiedevano di imitare quello che faceva mio padre a casa, quando ubriaco lanciava oggetti in giro. La prima esperienza come leone nasce da qualcosa che avevo dentro, la seconda è stata diversa: dovevo diventare qualcun altro. Torno sempre a queste due esperienze: a volte tiro fuori qualcosa che ho dentro, altre volte mi ispiro a qualcuno che conosco, e grazie a questo capisco anche alcune cose di me.
Cinema e realtà
Affleck ha parlato anche della sua prima sorprendente esperienza registica, il bizzarro mockumentary Io sono qui che tra realtà e farsa mostrava un Joaquin Phoenix barbuto e deciso a ritirarsi dalla recitazione. Allora sembrò tutto vero: "L'abbiamo presentato come un documentario. Non è chiaro quello che è reale e quello che non lo è. Alcune persone sapevano che stavano recitando, altre erano se stesse". E qui scatta il parallelismo con The Blair Witch Project, l'horror che inizialmente venne spacciato come vero found footage, con un'interessante riflessione sul mescolamento tra realtà e finzione:
La prima volta che ho visto The Blair Witch Project era davvero terrificante, perché pensavo che fosse vero. Hanno cambiato il modo di ricreare quell'illusione del cinema. Lo stesso regista ora ha girato un doc in Ucraina. Ha filmato un gruppo di soldati che, non appena hanno capito di essere ripresi, hanno caricato i loro mitra in modo molto machista, esattamente come avevano visto fare nei film. I video ci influenzano. Creare l'illusione del cinema oggi è diventato molto difficile.
Il rapporto con il successo
"Ho pianto per quasi tutti i personaggi che ho rappresentato", ha confessato Affleck, che ha citato il devastato Lee Chandler di Manchester by the Sea ma sembra avere un affetto particolare per il suo antieroe di L'assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford. Tra i registi con cui ha legato maggiormente ci sono proprio quello di ques'ultimo film, Andrew Dominik ("Molto autoritario, ma secondo me questa filosofia funziona se il regista è bravo") e il sodale Gus Van Sant con cui ha lavorato più volte: "Lascia decidere all'attore dove posizionarsi, sposta la macchina da presa a seconda di dove sono gli attori. Faccio fatica a lavorare con i registi nervosi, che non sanno cosa fare. Non devono avere paura di chiedere aiuto, di non avere sempre la risposta giusta". Lo vedremo mai in un blockbuster? Sembra che il grande successo gli interessi molto meno rispetto all'opportunità di recitare per stare meglio con se stesso.
All'inizio recitavo per pagarmi il college. Poi ho capito che ho interpretato molti ruoli con cui non ero in sintonia, come l'assassino di The Killer Inside Me. Un lavoro interessante, ma il personaggio era davvero troppo violento, in quel caso ho dovuto indossare una maschera. È vero che entri nella parte, ma anche che la parte entra in te. Attenzione ai ruoli che andrete a interpretare, perché diventeranno parte di voi. Ci sono film che nessuno ha visto di cui sono orgoglioso, più orgoglioso che di altri film che hanno avuto successo. Alimentare la propria celebrità può essere autodistruttivo. Se fai una cosa di successo poi cerchi di replicarla, finché non finisci per diventare molto meno interessante.
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